Archive for the ‘memoria’ Category

Appunti su Tangentopoli. L’assassino ha sempre le mani pulite

Tuesday, December 2nd, 2008

Tra il 1992 ed il 1993 alcuni eventi segnano la storia di questo Paese, tanto da rimanere cruciali ancora oggi. Questi sono alcuni appunti su quel periodo che prima o poi vorrei elaborare, intanto li lascio alla libera fruizione della rete.

  • Dopo "mani pulite" spariscono le più grandi sigle dei partiti italiani, ma non alcuni artefici della politica nazionale: Andreotti, Cossiga, Pannella, Dini e Prodi, già saldamente al comando, rimangono al timone dell’Italia nonostante Tangentopoli.
  • Berlusconi è diventato il politico più influente. Lui dice che l’ha fatto perché era costretto dalle circostanze; la tessera 1816 della P2 potrebbe invece dire che tutto era programmato da molto tempo.
  • L’opinione pubblica identifica "mani pulite" come una stretta giudiziaria nei confronti della corruzione politico-finanziaria che, partendo da Milano, arrivava a toccare tutti i principali centri di potere nazionali.
  • [chiosa alla precedente] Sergio Cusani, ultimo grande imputato di Tangentopoli, in un’intervista rilasciata a Blunotte (puntata del 7/11/2008), dice che il G.I.P. Italo Ghitti gli confidò come l’Enimont fosse il fulcro delle indagini del pool milanese e che, per questo, in sostanza con il suo processo sarebbe terminata l’inchiesta. Così è stato.
  • Un mese prima che iniziasse l’inchiesta, cioè nel gennaio ’92, sui tavoli degli investigatori finanziari italiani arriva un documento anonimo che spiega nel dettaglio tutti i punti oscuri dell’affare Enimont: è a partire da questo documento che il pool milanese cominciò le indagini poi denominate Mani Pulite.
  • I presidenti delle due grandi industrie della chimica che si dovevano fondere per dare vita al colosso multinazionale Enimont, cioè Cagliari per Eni e Gardini per Montedison, muoiono "di suicidio" a distanza di 3 giorni l’uno dall’altro: 20-23 luglio 1993. Con loro se ne andranno anche i più profondi segreti legati ad Enimont.
  • All’inizio di Tangentopoli, tra il maggio ed il luglio 1992, alcuni eventi segnano le sorti dell’Italia: Falcone e Borsellino vengono uccisi in agguati mafiosi, mentre l’alta finanza del Paese è in crocera sul panfilo Britannia della regina Elisabetta per decidere la svendita dell’economia italiana insieme ad altri magnati esteri.

Sembrano degli ottimi spunti per dar vita ad una storia noir: trame occulte fra dirigenti politici e loschi finanzieri, all’ombra delle grandi multinazionali e sotto lo sguardo dei reali d’Inghilterra; il superpoliziotto buono che viene ucciso ad un passo dalla verità; suicidi misteriosi, documenti anonimi e lo zampino della mafia. A corona dello scenario romanzesco, un nano malefico che sale al potere.

Se non avessi visto tutto ciò con i miei occhi, penso che farei fatica a credere che ce la siamo bevuta davvero.

La Sinistra nel 2008. Una storia d’amore e di tenebre

Wednesday, April 16th, 2008

Anche questo blog, vista la vivace proliferazione che si è scatenata
in rete dal dopo-elezioni, vuole fornire la propria "versione dei
fatti" in merito alla scomparsa della Sinistra dalle istituzioni.

Non
ci giro tanto intorno: secondo me il nodo gordiano della questione si
trova esattamente al centro del progetto politico di Rifondazione
Comunista, cioè quello di far entrare i movimenti all’interno del
partito. E’ da almeno 7 anni, cioè da Genova 2001 in poi, che i
bertinottiani vanno ripetendo lo stesso motto: "che i movimenti entrino
nel partito!".

Come è possibile non rendersi conto che le piazze
e le istituzioni non possono essere gestite nello stesso modo? Che la
"formazione professionale" in entrambi gli ambiti ha delle
profondissime differenze? Che un agitatore di popolo nelle battaglie
parlamentari non ha alcuna possibilità di ottenere gli stessi effetti
ottenuti fra la gente comune?
Il tentativo di far combaciare questi
due aspetti è un errore madornale. Eppure la dirigenza di Rifonda non
ha mai voluto prendere in considerazione l’idea che, forse, il percorso
avviato non era così giusto come può sembrare: in molti hanno avanzato
dubbi e perplessità, ma ogni volta la risposta è stata un sorriso
beffardo misto a compassione, come di chi vuole consolare un amico che non riesce a capire "le vere
dinamiche della politica".

Io, invece, sono convinto che la
rotta da seguire sia esattamente quella opposta e cioè che il partito
si debba uniformare alle esigenze dei movimenti e limitarsi ad
appoggiare ciò che le piazze spontaneamente creano, attraverso tutta
quella serie di coperture politiche e garanzie culturali che una forza istituzionale è in
grado di offrire tramite l’attività parlamentare che gli compete.
Quindi il meccanismo deve essere quello del
dirigente che incontra il manifestante e gli chiede di cosa ha bisogno
e quali provvedimenti possano essere utili per spianargli la strada.

In fondo non è così difficile da capire. Come al solito basta dare uno sguardo alla storia per osservare meglio l’attualità.
Nel
1976 il PCI raggiunse l’apice del proprio consenso elettorale, al
termine di una lunga cavalcata che lo vide guadagnare sempre più voti a
partire dalla prima elezione repubblicana in poi. A quell’epoca, un
protagonista determinante dei movimenti era il gruppo che si faceva
chiamare "Brigate Rosse" a cui il PCI, fino a quel 1976, aveva sempre
garantito una diffusa "copertura istituzionale": forse non è un caso
che il balzo elettorale più grande del PCI (49 % dei voti alla Camera, insieme a quelli degli altri partiti della sinistra) si ebbe proprio tra il ’72 ed il ’76 cioè quando le BR
funzionavano a pieno regime. Tuttavia nel 1974 le BR vennero decapitate
(tramite l’arresto dei fondatori Curcio, Cagol e Franceschini)
diventando in poco tempo un corpo acefalo e sanguinario in balìa di qualunque forza
organizzata, perdendo la propria caratteristica di "lotta
armata contro il capitale" per diventare l’ennesima combriccola di
militanti per la "lotta armata contro i capitalisiti": una differenza
che sembra insignificante, ma invece conta parecchio. A questo punto il
PCI fu "costretto" a staccarsi progressivamente dai movimenti,
iniziando quella parabola discendente nel consenso elettorale che nel
2008 pare essere giunta al suo epilogo visto che più in basso dello zero non si può andare.

A me questa vicenda sembra
emblematica e in grado di offrire dei notevoli spunti di riflessione sui rapporti fra partito e movimenti.

Per avere sotto mano i risultati elettorali dell’Italia dal dopoguerra ad oggi e trarne le dovute conseguenze, si può visitare questa pagina di wikipedia.

Il mistero degli ebrei

Tuesday, November 6th, 2007

Il fondamentale contributo che alcuni intellettuali di origine ebrea
hanno saputo infondere nella cultura europea tra la fine dell’800 e
l’inizio del ‘900 rimane per me un mistero. Personaggi del calibro di Karl Marx, Leon Trotsky, Ferdinand Lassalle, Henri Bergson, Sigmund Freud, Albert Einstein, Heinrich Hertz, Lev Vygotskij, Arnold Schonberg o Franz Kafka
possono definirsi a tutti gli effetti come "padri fondatori" dell’attuale società occidentale e tuttavia discendono da un ramo della
popolazione europea che al tempo rappresentava circa il 2 % della
totalità, oltre ad essere una componente particolarmente avversata dalla
maggioranza
cristiana. C’è da dire che quasi tutte queste persone,
nonostante fossero nate e spesso cresciute in ambienti ebraici, hanno
più o meno ripudiato la vita giudaica per assimilarsi alla vita
sostanzialmente laica degli ambienti cristiani europei dell’epoca.

sefiroth
Dopo le note vicende che hanno segnato la recente storia degli ebrei, questi si sono notevolmente ridimensionati: sia
dal punto di vista demografico (la II guerra mondiale ha visto
scomparire circa un terzo degli ebrei che abitavano il pianeta), sia –
conseguentemente – dal punto di vista intellettuale. Oggi, se penso a
importanti figure di famiglia ebraica dal dopoguerra, mi vengono in mente i
filosofi Herbert Marcuse, André Gorz e Jacques Derrida, i sociologi Erich Fromm e Zygmunt Bauman, il linguista Noam Chomsky, l’antropologo Claude Levi-Strauss, il pubblicitario Bill Bernbach, il pittore Marc Chagall, i registi Alejandro Jodorowsky e Werner Herzog, i menestrelli Bob Dylan e Lou Reed e le etichette discografiche Constellation dei Godspeed You Black Emperor e Tzadik
di John Zorn. Figure che per certi versi non rappresentano
quella rivoluzione culturale che hanno aperto gli intellettuali
nominati precedentemente, ma forse potrebbe essere ancora presto per dirlo…

Alcuni
hanno detto che la struttura mentale del monismo religioso, elemento caratterizzante dell’ebraicità, è facilmente adattabile a quella del monismo di tipo scientifico che sta
alla base del pensiero globale contemporaneo. E’ un’ipotesi da non
sottovalutare.

In
tutto ciò si nota la profonda spinta al cambiamento ed alla rivoluzione
che questa piccola comunità è stata in grado di dare all’Europa. Ci
sono poi anche degli aspetti politici interessanti: diversi studiosi
ritengono che i princìpi del socialismo siano una sorta di
riproposizione dei princìpi mosaici ed effettivamente ci sono molti
punti d’incontro fra i due sistemi; altri dicono che in particolare il
pensiero socialista rivoluzionario (che più tardi verrà stabilmente
chiamato anarchismo) è stato influenzato da alcuni di questi "ebrei assimilati"
di fine secolo XIX: Rosa Luxemburg, Emma Goldman e Gustav Landauer lo rappresentano. Di fatto, tra le pagine del suo personale Diario, nel 1898 Theodor Herzl
riportava di come fosse riuscito a suscitare una buona impressione sul
ministro degli esteri del Kaiser Guglielmo II (tale ministro von Bülow)
durante un colloquio ufficiale, quando lo rassicurò del fatto che, tra
i positivi effetti apportati dal nascente sionismo, ci sarebbe stata una generale
ripulita di tutti gli "ebrei sovversivi" che militavano nei "partiti di opposizione, e addiritura antimonarchici":
una grave mancanza di rispetto che gli ebrei stavano
mostrando all’Imperatore di Germania, il quale molto benevolente li
stava accogliendo fra i suoi sudditi.

E’ un
peccato che gli sviluppi dello Stato di Israele alimentino oggi, per gli ebrei, quella fama di terribili tagliagole: forse non è un
caso che tutti i personaggi che nomino in questo testo sono ebrei che
hanno vissuto in comunità estremamente laiche all’esterno di Israele.
Penso che questa sia anche una delle
cause principali che oscura una percezione dei motivi che condussero i
governi di mezzo mondo ad appoggiare Hitler e la sua folle impresa volta
ad
estinguere la "razza" ebraica dalla faccia della terra: quasi una corsa ad eliminare il
libero pensiero.

 

(sopra, una tavola delle Sefirot: il sistema grafico della mistica ebraica che rappresenta l’emanazione della divinità) 

V.A.L.I.S.

Sunday, September 23rd, 2007

Vast
Active
Living
Intelligence
System

E' una perturbazione del campo della realtà, in cui si forma un vortice negentropico spontaneo automonitorizzante, che tende progressivamente a incorporare e assimilare l'ambiente circostante in strutture informative. Caratterizzato da quasi-coscienza, finalismo, intelligenza, capacità di crescita e coerenza armillare.

GRANDE DIZIONARIO SOVIETICO, IV ed., 1992

 


 

L’epica contemporanea

Wednesday, September 19th, 2007

Tra le forze sotterranee e resistenti di questa epoca così storta, mi sembra che ci sia una parte della cultura diffusa all'interno delle aree industrializzate – cioè quanto viene trasmesso dal media – che ricorda molto da vicino una tradizione di tipo "epico". Come una forza che ritorna a risplendere dopo l'illusoria epoca dei lumi, questa forza che sembra di tradizione medievale è visibili in due aspetti, tra i più cruciali, della letteratura contemporanea: la fantascienza (soprattutto nella sua accezione fantasy) ed il manga. L'uno nato nell'industria occidentale e l'altro in quella orientale, questi generi riportano alcuni elementi in comune e non solamente per quanto riguarda i loro lettori che a volte combaciano.

Un'ispirazione molto frequente fra i rispettivi autori è infatti la scelta di rappresentare storie legate alla mitologia cavalleresca (risalente a fonti precedenti la "consacrazione papale" tardo-medievale) o a personaggi della letteratura classica orientale come i samurai o i monaci combattenti: il Signore degli Anelli e Sun Wukong sono delle pietre miliari che segnano tutto il genere e si rifanno a tali ambienti epici, molto vicini anche dal punto di vista cronologico. Altre curiosità che legano queste tradizioni possono essere le date di nascita di due fra gli autori fondamentali (che riportano le stesse cifre anche se in ordine diverso): Tolkien (1892) e Osamu Tezuka (1928) o l'evoluzione di importanza ottenuta nel settore – partite da una considerazione di "letteratura per ragazzi" per trasformarsi col tempo in un'importante elemento culturale anche per le persone ritenute più adulte. Di forte impatto per entrambe è anche la rappresentazione di scenari futuristici come le svariate serie dei supereroi nostrani o le mitiche storie di cyborg e robot al servizio dell'umanità.

Il momento in cui hanno cominciato ad affermarsi e ad espandersi queste tradizioni è tra la fine del 1800 e l'inizio del secolo successivo. Molto spesso la base di partenza per ogni saga è una velata critica al sistema di produzione industriale: secondo esse, un sistema del genere può trasformarsi in una pericolosa minaccia di orrore e distruzione per l'umanità e solo un eroe dotato di fortissimi poteri può combatterla e vincere, in nome di un amore che è diretta emanazione di una forza quasi sovrumana.

 

Storicamente, l'epica è in grado di muovere i popoli.

Se un giorno l'epica otterrà nuova luce, allora torneremo a vedere un popolo che si muove come non capitava dai tempi del medioevo: un insieme di piccole comunità autonome che crescono liberamente a nuova vita. Nell'antica Grecia o in alcune zone dell'Europa post-romana, i popoli scacciarono la tirannia e le storie che allora si raccontavano attorno al fuoco forse non sono così diverse da quelle che oggi ci scambiamo nei nostri parchetti ai margini delle metropoli.

La legge degli spinelli nei parchetti

Monday, September 10th, 2007

Ci sono certe zone in città che alimentano e continuamente rigenerano una tradizione particolare della storia, la tradizione degli spinelli. A distanze siderali dalla fittizia storia dei manuali accademici che tiene tutto in arresto sopra un evento unico (e stupido: la vittoria in guerra), questo scorcio di storia rappresenta piuttosto quelle tradizioni portate avanti da esseri umani in carne ed ossa – e con dei buoni polmoni.

Queste zone si possono ritrovare in alcuni parchetti oppure negli angoli strani di una piazzetta, fra le panchine di un giardinetto o lungo le sponde di un piccolo canale. In città ne esistono a decine di questi luoghi in cui i ragazzi si trovano per chiaccherare e fumare insieme hascisc o marijuana, in tutta allegria. Periodicamente però, all'incirca il mio trascorso mi porta a considerare ogni decina di anni, le forze armate giungono incazzate nere e nel giro di un mesetto con retate e infamate varie smantellano le giovani combriccole. I motivi di tanta collera sono i più svariati, ma nulla è sufficiente ad impedire che in pochi anni la tradizione degli spinelli torni implacabile a manifestarsi in quegli stessi luoghi, rivelando in modo incontrovertibile le falle di un sistema legale che dimostra di non appartenere alla città.

Provo un certo senso di sicurezza quando vedo queste ciurme di giovani che se ne stanno in dieci, venti tutti insieme a discutere e scambiarsi le storie più assurde, facendo attenzione a non fare troppo rumore che altrimenti qualcuno potrebbe fare la spia. Ma la spia non serve, perché la ciurma quasi ignora che dieci anni prima in quel posto gli sbirri erano già venuti a urlare forte la loro ignoranza, il punto se lo erano segnato e sicuramente hanno intenzione di tornarci. Beh un po' forse la ciurma se lo immagina, ma alla fine… chi se ne sbatte? Probabilmente è questa inespugnabile coscienza di "essere nel giusto" che stimola la sicurezza in un casuale passante, rigenerando una tradizione così forte e irregolare che quasi sembra appartenere alla storia della gente.

 

Sangue Misto – cani sciolti

Danielita

Friday, August 3rd, 2007

La notte appena trascorsa ha portato via con sé una persona speciale, un piccolo passerottino da combattimento che non si è mai arreso di fronte a nulla. Danielita era la ragazza coi capelli rossi più forte del mondo, nel senso che col mondo ci faceva spesso a pugni ed ogni volta – nonostante le trasfusioni e le dialisi che l'accompagnavano da vent'anni – ne usciva a testa alta.

Danielita, che conosceva bene il valore della vita, ha saputo mettere la sua scintillante energia a disposizione del vivere comune donando a Ravenna un'amore che personalmente non avevo mai conosciuto: in questa città grigia ed assopita, perennemente in attesa di una scossa, il suo fuoco ha riacceso molti animi.

Il ricordo della nostra Danielita sarà una guida eccezionale per chiunque vorrà lottare contro le ingiustizie eterne e quotidiane. Il suo sguardo benevolo, dall'alto dei cieli in cui adesso vola, ci sta già proteggendo.

Grazie Dani

 

Daniela Versari

 

Gustav Landauer

Saturday, June 16th, 2007

landauerEssendo appassionato delle figure che animarono la vivace scena culturale degli ebrei europei a cavallo tra i secoli XIX e XX, ultimamente mi sono capitate tra le mani le vicende di questo erudito letterato, cruciale attivista politico, della Germania pre-hitleriana: Gustav Landauer.

Alcuni storici lo definiscono come un anarchico-religioso e a me questa definizione piace. Anche se è bene precisare che la sua naturale religione di appartenenza, l'ebraismo, G.L. non l'ha mai seriamente presa in considerazione: era infatti un ebreo assimilato, che aveva cioè eliminato qualunque rapporto formale con la struttura culturale giudaica proclamandosi prima di tutto cittadini tedesco – un po' come Marx per intenderci – mantenendo tuttavia alcuni naturali legami sanguigni con la madre ed un cugino che continueranno a sostenerlo fino alla fine dei sui giorni (ricordo che l'ebraismo, secondo la Bibbia, è a discendenza matrilineare).

Nato nel 1870 in Germania (Karlsruhe), visse la sua esistenza mantenendosi come pubblicista presso diversi quotidiani dell'epoca. Anche se con molte difficoltà, perché il suo attivismo politico di gioventù, portato avanti con alcuni gruppi anarchici soprattutto di Berlino, gli fece ben presto chiudere tutte le porte verso gli incarichi professionali che una mente come la sua avrebbe meritato. Venne incarcerato più volte nel corso degli anni '90 per istigazione alla disobbedienza nei confronti dello Stato e per agitazioni simili, anche se ogni volta manifestava il suo pensiero secondo una profonda indole pacifista (fu tra i primissimi pacifisti tedeschi). Dopo lunghe peripezie, riuscì a stabilizzare il proprio lavoro conducendo un quotidiano da lui fondato: "Der Sozialist", che un importante letterato dell'epoca come Martin Buber giudicò il miglior giornale tedesco. E' soprattutto in queste pubblicazioni che L. rivelerà il proprio pensiero che ben presto finì per contrapporlo sia alla nascente e rampante socialdemocrazia, sia a numerose posizioni anarchiche (di cui criticava in sostanza l'eccessiva burocratizzazione). Non per questo terminò le sue collaborazioni con gli anarchici, coi quali finì per lavorare in veste di redattore al servizio delle testate di compagn* che man mano venivano a trovarsi in difficoltà.

Sempre con gli anarchici farà la sua più importante esperienza politica, figurando come una specie di ministro dell'istruzione nella Repubblica dei Consigli di Baviera che socialdemocratici radicali, comunisti ed anarchici fondarono nel 1918 a Monaco. E' quì infatti che i suoi contrasti con le politiche militari e burocratiche dei marxisti sfociarono in totale disaccordo, tanto da venire progressivamente allontanato da questi nel momento in cui gli anarchici diventarono ingombranti per le sorti della Munchener Ràterepublik. Senza più protezioni, L. finirà per essere ucciso dai primi Freikorps: i raggruppamenti militari da cui poi nacquero le SS naziste, che lo prelevarono il pomeriggio del 1 maggio 1919 e lo massacrarono di botte fino alla morte avvenuta il giorno seguente presso la caserma di Stadelbeim.

Le aspirazioni "religiose" di L. non hanno niente a che vedere con intricate elaborazioni spirituali o con statiche osservazioni di sistemi positivi: il suo aspetto religioso si concentra più su quella tradizione che va dai profeti ai movimenti anabattisti e si incrocia con le aspirazioni dell'anarchismo nell'esaltazione dell'individuo inteso come centro della comunità. Rivoltandosi contro la cultura moderna che distrugge l'uomo creandogli il deserto attorno, L. vede nel socialismo la possibilità di ricostruire un mondo più umano fondato sul mutuo soccorso e la cooperazione, dove una fitta rete di rapporti liberi, fluidi e vitali, come degli empatici legami di fratellanza, possano concorrere ad una rigenerazione in grado di spezzare la sterile routine che soffoca gli individui sotto la violenza e la burocratizzazione dello Stato.

Purtroppo in Italia le opere di L. non hanno quasi mai trovato redazione. Esiste una traduzione del suo libro fondamentale, La Rivoluzione (scritto del 1907), stampato nel 1970 dall'editore Carucci ma praticamente introvabile se non in qualche biblioteca ben fornita. Di questo libro dovrebbe esistere anche un'altra edizione italiana del 2002, dell'editore pescarese Samizdat ma le vicende di quest'ultimo sono oscure e difficilmente contattabili. E' un'opera che definirei più vicina ad un trattato di filosofia della storia, piuttosto che di anarchismo o religione, ma la forza e la freschezza di questo testo delineano chiaramente le direttrici di un pensiero che ancora oggi sarebbe all'avanguardia.