Gustav Landauer

landauerEssendo appassionato delle figure che animarono la vivace scena culturale degli ebrei europei a cavallo tra i secoli XIX e XX, ultimamente mi sono capitate tra le mani le vicende di questo erudito letterato, cruciale attivista politico, della Germania pre-hitleriana: Gustav Landauer.

Alcuni storici lo definiscono come un anarchico-religioso e a me questa definizione piace. Anche se è bene precisare che la sua naturale religione di appartenenza, l'ebraismo, G.L. non l'ha mai seriamente presa in considerazione: era infatti un ebreo assimilato, che aveva cioè eliminato qualunque rapporto formale con la struttura culturale giudaica proclamandosi prima di tutto cittadini tedesco – un po' come Marx per intenderci – mantenendo tuttavia alcuni naturali legami sanguigni con la madre ed un cugino che continueranno a sostenerlo fino alla fine dei sui giorni (ricordo che l'ebraismo, secondo la Bibbia, è a discendenza matrilineare).

Nato nel 1870 in Germania (Karlsruhe), visse la sua esistenza mantenendosi come pubblicista presso diversi quotidiani dell'epoca. Anche se con molte difficoltà, perché il suo attivismo politico di gioventù, portato avanti con alcuni gruppi anarchici soprattutto di Berlino, gli fece ben presto chiudere tutte le porte verso gli incarichi professionali che una mente come la sua avrebbe meritato. Venne incarcerato più volte nel corso degli anni '90 per istigazione alla disobbedienza nei confronti dello Stato e per agitazioni simili, anche se ogni volta manifestava il suo pensiero secondo una profonda indole pacifista (fu tra i primissimi pacifisti tedeschi). Dopo lunghe peripezie, riuscì a stabilizzare il proprio lavoro conducendo un quotidiano da lui fondato: "Der Sozialist", che un importante letterato dell'epoca come Martin Buber giudicò il miglior giornale tedesco. E' soprattutto in queste pubblicazioni che L. rivelerà il proprio pensiero che ben presto finì per contrapporlo sia alla nascente e rampante socialdemocrazia, sia a numerose posizioni anarchiche (di cui criticava in sostanza l'eccessiva burocratizzazione). Non per questo terminò le sue collaborazioni con gli anarchici, coi quali finì per lavorare in veste di redattore al servizio delle testate di compagn* che man mano venivano a trovarsi in difficoltà.

Sempre con gli anarchici farà la sua più importante esperienza politica, figurando come una specie di ministro dell'istruzione nella Repubblica dei Consigli di Baviera che socialdemocratici radicali, comunisti ed anarchici fondarono nel 1918 a Monaco. E' quì infatti che i suoi contrasti con le politiche militari e burocratiche dei marxisti sfociarono in totale disaccordo, tanto da venire progressivamente allontanato da questi nel momento in cui gli anarchici diventarono ingombranti per le sorti della Munchener Ràterepublik. Senza più protezioni, L. finirà per essere ucciso dai primi Freikorps: i raggruppamenti militari da cui poi nacquero le SS naziste, che lo prelevarono il pomeriggio del 1 maggio 1919 e lo massacrarono di botte fino alla morte avvenuta il giorno seguente presso la caserma di Stadelbeim.

Le aspirazioni "religiose" di L. non hanno niente a che vedere con intricate elaborazioni spirituali o con statiche osservazioni di sistemi positivi: il suo aspetto religioso si concentra più su quella tradizione che va dai profeti ai movimenti anabattisti e si incrocia con le aspirazioni dell'anarchismo nell'esaltazione dell'individuo inteso come centro della comunità. Rivoltandosi contro la cultura moderna che distrugge l'uomo creandogli il deserto attorno, L. vede nel socialismo la possibilità di ricostruire un mondo più umano fondato sul mutuo soccorso e la cooperazione, dove una fitta rete di rapporti liberi, fluidi e vitali, come degli empatici legami di fratellanza, possano concorrere ad una rigenerazione in grado di spezzare la sterile routine che soffoca gli individui sotto la violenza e la burocratizzazione dello Stato.

Purtroppo in Italia le opere di L. non hanno quasi mai trovato redazione. Esiste una traduzione del suo libro fondamentale, La Rivoluzione (scritto del 1907), stampato nel 1970 dall'editore Carucci ma praticamente introvabile se non in qualche biblioteca ben fornita. Di questo libro dovrebbe esistere anche un'altra edizione italiana del 2002, dell'editore pescarese Samizdat ma le vicende di quest'ultimo sono oscure e difficilmente contattabili. E' un'opera che definirei più vicina ad un trattato di filosofia della storia, piuttosto che di anarchismo o religione, ma la forza e la freschezza di questo testo delineano chiaramente le direttrici di un pensiero che ancora oggi sarebbe all'avanguardia.

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