Loschi traffici all’ombra delle due torri
Da ormai due mesi, sulla stampa locale bolognese è normale imbattersi in qualche trafiletto che si scaglia contro il Link e la presunta attività di spaccio al suo interno che gli inquirenti tentano di appurare. Tentano? ..ma che tipo di intelligence occorre per capire che negli ultimi 10 anni, mezza Bologna è andata abitualmente nelle zone subito attigue al Link per rifornirsi? Non riesco a spiegarmi quale sia il motivo di tanta ignoranza da parte degli sbirri: in questi anni avranno sicuramente passato il loro tempo a monitorare e documentare l'imponente spaccio che, prima in via Fioravanti e ora in via Fantoni, ha affollato le notti di ogni week-end. Mi pare una cosa così ovvia.
Innanzitutto bisogna precisare che i ragazzi della gestione hanno sempre tentato di porre un freno a questa meschina attività: ricordo che già verso la fine degli anni '90 il Link si era dotato di una super-squadra di buttafuori africani che incuteva timore a chiunque. Tanto che all'interno dell'edifico, nonostante il massiccio consumo di sostanze, era veramente raro incappare in qualche rissa (infinitamente più raro, ad esempio, rispetto a quanto accadeva presso gli omologhi del Link sulla riviera romagnola). Lo spaccio regnava subito all'esterno del locale, mai al suo interno. La gestione ha sempre considerato tale attività un problema, piuttosto che una risorsa.
Più o meno lo stesso problema che affliggeva il Livello 57 fino a 5-6 anni fa, quando schiere di magrebini intossicati e alcolizzati dirigevano in modo del tutto incontrastato lo spaccio sotto al ponte di via Stalingrado, subito a ridosso dell'entrata del centro sociale. Anche quì i ragazzi della gestione tentarono più volte di allontanare gli squallidi mercanti, ma alla fine spuntava sempre fuori qualche lama (per non parlare di rivoltelle) che metteva tutti a tacere a favore del silenzioso e placido proseguimento dell'attività. Così lo spaccio è potuto continuare tranquillamente fino a quando la sede del Livello non si è dovuta trasferire. E gli sbirri? Vogliamo essere così cretini da credere che non sapessero niente gli sbirri di questa situazione? Tempo fa un ragazzo di Milano mi raccontava che una circostanza molto simile stava cominciando a prendere piede al Pergola, ogni degli spazi liberati più avanti della sua città: soliti problemi con spacciatori che tengono i coltelli dalla parte del manico e tu, pacifico attivista, non puoi che rassegnarti.
Ho l'impressione che ogni volta che si tratta di allontanare lo spaccio di droghe dalle zone intorno ai centri sociali, le autorità vengano colte da un'improvvisa "pigrizia" che rallenta, per non dire blocca, ogni forma di contrasto nei riguardi degli stessi spacciatori.
E' possibile, mi chiedo, che nella città di Bologna un'infinita schiera di nordafricani sia riuscita a vendere per 10 anni di fila lo stesso tipo di fumo nelle stesse identiche zone (guarda caso la zona universitaria) senza che la figura di rifornimento venisse mai sfiorata da indagini di polizia? E' palese che le decine di spacciatori che nell'ultima decade hanno imperversato da porta Mascarella a porta Castiglione, fossero organizzate da un unico centro: quella suola di hascisc -certamente più nociva di qualunque altra qualità di fumo- che vendevano è stata sempre e solo la stessa. Può infatti accadere, per delle coincidenze, che dei pusher vendano lo stesso tipo di fumo per qualche giorno, ma non per 10 anni consecutivamente! E soprattutto non quando i poveri spaccini di strada vengono arrestati e il giorno dopo ti ritrovi davanti un nuovo venditore che ti offre lo stesso fumo del ragazzo ingabbiato il giorno prima.
Boh, io ho tanto l'impressione di essere peso per il culo.
Dopotutto sono attestati diversi casi di intrusione da parte di loschi trafficanti all'interno del movimento giovanile bolognese. Poco fa leggevo un libro scritto da Gianni Cipriani (il condirettore di e-Polis, la testata giornalistica nazionale free-press di livello, e in passato firma dell'Unità) sui movimenti eversivi in Italia legati ai servizi segreti atlantici: "Sovranità limitata" (edizioni associate). Ebbene in questo libro, a pagina 256, Cipriani parla di una cartolina che lo storico attivista bolognese Bifo, insieme ad altri, scrisse da Parigi il 6/12/1977 a Ronald Stark, un americano che in quel periodo era incarcerato mi sembra a Pisa per traffico internazionale di stupefacenti. Stark è un personaggio enigmatico della stagione degli anni di piombo: durante la permanenza nelle carceri italiane si guadagnò la stima e la fiducia dei dissidenti nostrani, come attestato da Curcio e compagni, ma quando riuscì a lasciare l'Italia poco dopo (attraverso la base militare di Camp Derby o di Vicenza: info riservata cui nemmeno i giornalisti possono accedere) la sua identità fu chiara a tutti: addetto alle covert operations della CIA. Più tardi, nell'82, l'Interpol dichiarò di averlo arrestato nuovamente per un traffico di 200 kg di eroina scambiato con armi, ma la CIA si affrettò a far circolare la notizia secondo cui Stark sarebbe morto in quello stesso periodo per overdose. Interessante notare che le notizie in nostro possesso su questo personaggio sono state raccolte da magistrati che operavano a Bologna: Nunziante e Floridia.
Penso che la verità sugli oscuri traffici di droga non potremo mai saperla, ma quello che posso constatare è che Bologna -dagli anni '70 fino ad oggi- è stata e continua ad essere uno dei bersagli più importanti per le organizzazioni che sfruttano lo spaccio all'interno dei movimenti giovanili. Mannaggia all'emmedi!