Comets on Fire

 
Questo gruppo di giovani irrequieti rappresenta, senza ombra di dubbio, la discendenza più diretta che Jimi Hendrix abbia mai generato. E' un parere personale, chiaro, però mi sento di esprimerlo molto tranquillamente perché anche l'ascoltatore più distratto non potrà fare a meno di intuire il potenziale che si cela dietro alle lisergiche composizioni della band formata nel 1999 a Santa Cruz.
Dopo qualche uscita autoprodotta ed un paio di dischi pubblicati con delle piccole etichette indipendenti di genere (Alternative Tentacles e Ba Da Bing), i Comets on Fire sono diventati parte integrante del nuovo fiammante roster della Sub Pop che da circa 2-3 anni è tornata a pubblicare materiale discografico genuinamente rock, dopo che le sbandate del post-Nirvana ne avevano leggermente minato l'autorevolezza.
 
Sulla stampa di settore, i pareri dei giornalisti hanno già decretato paragoni con i nomi più ingombranti della recente storia musicale: MC5, Pink Floyd, Led Zeppelin, Stooges, Frank Zappa, King Crimson, Faust solo per citarne alcuni. Il lettore noterà la forte presenza di entità cosiddette "settantone". E infatti i Comets on Fire derivano proprio da lì. E' come se andassero a riprendere un discorso che si è fermato 30 anni fa per riproporlo oggi con un'eccellente attualizzazione nelle sonorità.
 
Julian Cope, dalle pagine della sua mitica fanza, ha detto che Kushner – il batterista della band – suona come due Keith Moon messi assieme. A voi un assaggio tratto dall'ultimo (2006) disco del gruppo, Avatar:
 
The Swallow's Eye

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